Lo status mentale al mio 3^ libro

Per molti che vorrebbero fare illustrazione pubblicare il primo libro é già un miraggio.
Per me invece lo era pubblicare il terzo: un'esperienza che mi ha fatto crescere, molto più che gli altri due, per vari aspetti.
Vi dirò perché!

Qui ho parlato del corso di illustrazione, fondamentale, che ho frequentato a Padova (presso l'associazione Artelier).
Avevo 22 anni circa e mentre lo frequentavo ho avuto la possibilità di pubblicare i miei primi due libri:



Il primo grazie ad una mia insegnante delle superiori che mi aveva messo in contatto con la scrittrice, l'altro grazie all'insegnante del corso stesso.

Dunque, giovanissima e alle prime armi già sfornavo due libri: stupendo direte voi! Di che ti lamenti?
Di niente infatti, ero contentissima: già potevo cimentarmi con la pratica producendo due libri veri!

Il fatto é che dopo di loro, per circa 5/6 anni, non sono riuscita a fare più niente: qui sta il punto!
In quei due libri dimostravo talento, certo, ma ero ancora acerba, una che "cercava di" essere illustratrice ma non lo era ancora totalmente, non so se mi spiego...

Ancora traballante tra illustrazione e università, avevo oggettivamente poca fiducia in me, mi esponevo poco e solo alle fiere (Bologna e Montreuil), no mail.
Tentavo di auto-strutturare dei progetti-libro ma non sono brava con i testi, a meno che non mi venga una vera e rara illuminazione, quindi il risultato era sempre traballante, poco convincente.
Anche con le tavole singole non andava meglio, non mi dimenticherò mai del tizio che a Bologna mi disse: "Belle ma non so cosa farmene".

Iniziavo progressivamente a perdere fiducia e, francamente, a stufarmi: non andava mai bene niente!
Col senno di poi riconosco che era giusto così ma al momento la faccenda bruciava...

Ciononostante, continuavo testarda a lavorare e il mio stile, alla faccia di tutto, si evolveva, miglioravo, al punto che quei due libri non mi rispecchiavano più: avevo l'impellente necessità di cimentarmi in un nuovo progetto che mi permettesse di mostrare la mia nuova personalità artistica, i miei colori, le mie atmosfere etc...
Per "farmi vedere" ho aperto questo blog e il dannato, ma utilissimo, profilo facebook ed ho iniziato ad espormi di più e più convinta con gli editori.

Finché vengo contattata da una scrittrice francese: le piace il mio universo, vorrebbe collaborare con me e mi propone un testo che mi piace subito molto!
Lo vedo come un segno, una iniezione di fiducia, e comincio a lavorare.
Produco alcune tavole a colori, lei lo manda a degli editori e dopo qualche mese mi scrive che uno di essi vuole pubblicare il testo ma non le immagini, non gli piacciono.
Sicché lei, bellamente, mi abbandona: frustrazione e stizza al massimo!

Col senno di poi, anche questa volta dò ragione all'editore (pur non condividendo il gesto di lei): le tavole dicevano poco, mi ero fatta prendere da una sorta di ansia da prestazione che non mi aveva permesso di esprimermi al meglio.
Il testo mi piaceva ma era molto descrittivo, diceva già "tutto" e io, non so, non ero riuscita a creare una sinergia tra me e lui...

Nel frattempo vengo contattata da un'altra scrittrice francese, anche lei mi chiede di collaborare e mi invia dei testi tra cui scegliere: sono sincera, nessuno di essi mi colpì tanto quanto mi aveva colpito l'altro, ho pensato "di male in peggio"...
Li ho riletti tutti, con calma, e ne ho scelto uno sul mare: semplice, ermetico, sembrava non dire niente.
"Chissà cosa ne caverò" ho pensato.
E invece, lentamente, io e quel testo ci siamo capiti: sembrava non dire niente e invece diceva tutto perché mi permetteva di dare veramente sfogo all'immaginazione, di esprimermi veramente.
Lavorare a quel progetto mi é stato utile per tante cose, come ho raccontato qui.


Sembra sciocco ma lavorare a quel progetto mi ha fatto crescere molto più che fare quei due primi libri.
Perché mi ha permesso di conoscermi: ho capito di cosa ho bisogno per lavorare veramente bene, ho acquisito un nuovo atteggiamento mentale, una nuova fiducia.
Mi sono liberata di certi salvagenti e ho posato dei mattoni che non potranno che farmi crescere, perché so a cosa miro.
Da quel momento, non sono più una che "cerca di", sono e basta.

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